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TE LO DICO CON PAROLE TUE: LA SCIENZA DI SCRIVERE PER FARSI CAPIRE

Il libro di  Piero Bianucci, "Te lo dico con parole tue", è uscito ormai alcuni anni fa, ma resta comunque un opera interessante e stimolante per chi intenda iniziare a parlare di scienza, a capire cos’è una notizia, come la si tratta e come la si racconta? Questo libro è un elogio della razionalità scientifica, da cui emerge un piccolo manuale di buona (e di cattiva) scrittura che ha valore generale. Leggi il primo capitolo del libro

Fabiana Luise, divulgatrice scientifica, ha ripreso in mano l'opera. Noi le abbiamo rivolto alcune domande. Questo è quello che è nato da questo confronto. 

Piero Bianucci riprendendo uno schema di Massimiamo Bucchi descrive la presenza di almeno 5 livelli principali della comunicazione scientifica. Sembrano interessanti. Potremmo aggiungere altro alle osservazioni di Bianucci? 

Bianucci riprende lo schema di Massimiano Bucchi, facendo principalmente riferimento alla comunicazione scritta della scienza.
Il primi due livelli di comunicazione scientifica prendono origine dai lavori originali, cioè quelli che vengono pubblicati su riviste scientifiche altamente qualificate previa valutazione della novità di metodo e risultati ottenuti.Il primo livello è intra-specialistico, in cui uno specialista di un settore ,ad esempio Biologia Molecolare,  informa i colleghi ugualmente specializzati di una sua scoperta recente. Il secondo livello è definito inter-specialistico e trova fondamento in riviste altamente qualificate che pubblicano lavori più generali in una determinata area della scienza; ne sono un esempio riviste come Nature e Science.

Si trovano poi: il livello inter-specialistico medio, proprio di riviste che non contengono i lavori originali ma riportano  scoperte scientifiche più o meno recenti in modo da risultare comprensibili sia alla comunità scientifica in senso lato sia ad un pubblico colto; il livello didattico, in riferimento ai libri scolastici che illustrano concetti già consolidati; il livello popolare, quello cioè dei settimanali con rubriche dedicate, ma anche di programmi televisivi o radiofonici.

E' importante sottolineare che, già livello inter-specialistico andando avanti, si può individuare un aspetto divulgativo, cioè di "traduzione" e "spiegazione". Per cui la divisione comunità scientifica- divulgatore-pubblico non è così netta, come sostiene Bianucci stesso.
Infatti in Inghilterra non esiste un termine equivalente a divulgazione scientifica come " diffusione della scienza al largo pubblico" ma si usa il termine generale di science communication. Questa include sia la comunicazione fra scienziati in generale sia la diffusione della cultura scientifica al largo pubblico e viene spesso abbreviata con scicomm. Rientra in questa definizione anche la science popularization (popsci) o outreach, che ha principalmente l'intento di avvicinare la cittadinanza a temi scientifici di interesse generale. Questo avviene sia tramite il giornalismo scientifico  di vario genere, sia in maniera creativa attraverso specifici eventi museali o teatrali, esibizioni, festival scientifici e campagne informative. Quest'ultimo aspetto potrebbe essere definito nel nostro Paese come mediazione scientifica, cioè l'impiego di tecniche e linguaggi da settori culturali differenti (letteratura, fotografia, animazione, recitazione eccetera) per comunicare tematiche scientifiche.

A un certo punto l'autore parla del significato e dell'importanza dei cinque principi dell'etica della comunicazione di Edmund Lambeth. Puoi spiegare brevemente di cosa si tratta? 

I cinque principi costituiscono una guida per il giornalista al fine di svolgere la sua professione senza separare coniugando notiziabilità dell'informazione e correttezza della notizia.  Il buon giornalista deve :

  • verificare i fatti e le fonti (principio di verità) prima di esporre la notizia, 
  • essere imparziale senza modificare il contenuto a seconda di opinioni personali (principio di giustizia),
  • avvalersi della libertà di stampa (principio di libertà),
  • non danneggiare terze parti (principio di umanità),
  • offrire un servizio alla società, incoraggiando il dialogo dei lettori con le istituzioni e gli organi di informazione (principio di responsabilità).

Cosa sono la Carta dei Doveri e la Carta di Treviso? Secondo te dovrebbero essere regolamenti adottati solo dai giornalisti professionisti o in generale norme di comportamento da chi vuol fare comunicazione (es blogger, comunicatori, ecc)

La Carta dei doveri  è un codice deontologico per il giornalista con cui si regolamenta la sua professione  in termini di comunicazione dell'informazione (accuratezza delle fonti, obbligo di rettifica e replica), di tutela di terzi (rispetto della privacy, assenza di discriminazioni, interessi dei minori ), di lealtà personale (garanzia di imparzialità, divieto di prestare il proprio nome alla pubblicità o pubblicare contenuti per interesse personale). 
La Carta di Treviso è poi un documento con cui si regolamenta l'attività del giornalista con cui si regolamenta la sua attività in riferimento al rispetto e alla tutela dei diritti dei minori. 

Ai nostri giorni il web rappresenta una delle principali fonti di informazione e sempre più cittadini reperiscono informazioni online.  E' indispensabile perciò che queste regole siano osservate dai professionisti non solo della carta stampata ma anche del giornalismo online.
Un altro aspetto da non sottovalutare però è la comparsa di metodi di comunicazione online alternativi quali blog,social network e progetti di comunicazione collaborativa. Questi strumenti sono preziosi in quanto hanno dato impulso alla comunicazione in forma orizzontale ; è pur vero, pero', che il fatto che chiunque può dare informazione ed esprimere opinione può dare via libera alla diffusione di notizie errate.
La tematica è piuttosto complessa, in quanto non si può impedire al libero cittadino la libertà di espressione. Tuttavia sarebbe utile applicare un certo livello di regolamentazione alla comunicazione online, coniugata, laddove necessario, a opportune campagne di informazione. Ciò quantomeno per evitare la diffusione di falsità o di contenuti lesivi della libertà e dell'identità altrui.


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